GC Magazine - Galleria Cavour

La storia del colore Rosa Shocking

26 Luglio - 2023

La storia del colore Rosa Shocking

Sulla scia del successo del film Barbie, diretto da Greta Gerwing e interpretato carismaticamente da Margot Robbie e Ryan Gosling, il colore rosa shocking è letteralmente diventato il simbolo di questa estate: onnipresente su oggetti di design, moda e arredamento. La stessa scenografa della pellicola, Sarah Greenwoood, scherzando con la stampa, ha ammesso che il mondo ha rischiato di rimanere senza vernice rosa a causa dell’immensa quantità impiegata per la costruzione del set.

Abbagliante, coraggioso, spregiudicato: anche il fashion system ha riscoperto l’amore per il rosa shocking, come dimostrano sia le collezioni dei brand più richiesti del momento sia i must have rivenduti nelle boutique di Galleria Cavour di Moncler, K-way e, ovviamente, Versace che, con borse, abiti, scarpe e foulard, non a caso è stato uno dei marchi prediletti da Margot Robbie durante i red carpet promozionali. Eppure la storia del rosa shocking parte da lontano.

Elsa Schiaparelli, già nella seconda metà degli anni Trenta, decise di puntare su questo colore per una delle sue collezioni più scandalose. Rispetto alla tinta più tenue e delicata, in voga in quegli anni, la stilista decise di portare in passerella una tonalità più satura, decisa, impudente. Schiaparelli dichiarò di essersi ispirata ai colori delle sete orientali e dei tramonti peruviani. Nei salotti parigini, però, molti sostenevano che il colpo di genio fosse da imputare a visioni più occidentali e decisamente meno esotiche, ovvero l’enorme pietra preziosa che proprio una sua fedele cliente amava mostrare nelle occasioni più mondane: l’ereditiera Daisy Fellowes. Nonostante il clima opprimente e cupo di metà anni Trenta, il colore fu accolto dal mercato dell’alta società con successo, grazie anche alla fortuna del profumo della maison, caratterizzato proprio da un flaconcino shocking modellato sull’immagine del torso dell’attrice Mae West. Fu sempre un’altra attrice, poi, a incarnare l’essenza di questa tonalità e a ridargli lustro.

Resta infatti indimenticato l’abito di Marylin Monroe nel film “Gli uomini preferiscono le bionde” riproposto, successivamente, anche da Madonna nel leggendario video di “Material Girl”. Può un colore diventare sinonimo di emancipazione? Nel tempo il rosa è diventato il colore per definizione dell’universo femminile, questa particolare declinazione, però, viene letta dagli addetti ai lavori come simbolo di audacia e ribellione perché capace di rompere gli schemi e risultare anticonvenzionale. Non è un caso che Lady Gaga abbia scelto questo rosa per la gonna del glorioso look sfoggiato alla Casa Bianca, durante l’inno cantato per l’insediamento del presidente Joe Biden.

Il designer che però, più di tutti, ha fatto suo questo colore al punto da renderlo un marchio di fabbrica, è stato senza ombra di dubbio Pierpaolo Piccioli per Valentino grazie alla sua collezione Pink PP: una scelta audace, proprio come la tradizione di questa tinta, che segna l’abbandono dello storico “rosso Valentino” in favore di una nuova cromia e una nuova era. Il successo della collezione, amatissima dalle star, segna un binomio indissolubile e immediatamente riconoscibile tra questa tinta e la maison italiana portando, ancora una volta, questo colore a infrangere un altro tabù: quello della distinzione di generi. Grazie alla fortunata intuizione, Valentino inizia a proporre il rosa shocking anche nelle collezioni maschili rendendolo quindi, ancora una volta, un colore rivoluzionario, di rottura, geneticamente destinato a scioccare e conquistare proprio come quasi cent’anni fa fece Elsa Schiaparelli: un destino scritto nel dna.